Andy torna alla musica e lo fa con un progetto a più mani chiamato Fluon. Congiunte le forze della propria creatività con le chitarre di Fabio Mittino e i sound rock-tecnologici di Faber e Luca Urbani, l’ ex componente dei Bluevertigo ha dato vita ad un gruppo in cui i ritmi musicali serrati - che spaziano dall’ elettropop alla dance anni ’80 – e i testi attuali e taglienti, sono solo un tassello di un disegno più articolato. Formatisi nel 2011, è nel 2012 che i Fluon ufficializzano la loro nascita artistica con l’ uscita del singolo Naked a cui fa seguito Polvere, collaborazione con Enrico Ruggeri, e L’assassino è il maggiordomo. E’ di qualche settimana fa invece l’uscita del loro primo album “Futura Resistenza”. A pochi giorni dalla partecipazione al MyMusic di Milano(domenica 16 marzo), è Andy stesso a rispondere alle nostre domande sull’ album e sul progetto Fluon…
"Futura Resistenza” è soltanto l' ultimo e più recente progetto del “laboratorio” Fluon, che abbraccia praticamente ogni forma artistica. Quali sono state le fasi più importanti di questa “creatura”, dalla sua nascita fino alla pubblicazione dell' album ?
Le fasi fondamentali sono state la dispersione per poi trovare l’unione. Abbiamo iniziato diversi anni fa con l’esperienza dal vivo, ci siamo rimessi in scena senza un LP, e abbiamo visto come il pubblico poteva reagire ad un progetto di questo tipo. Poi c’è stata la conoscenza e l’approfondimento tra Fabio Mittino e Luca Urbani che, insieme e grazie al loro progetto Laboratorio Tecnologico, hanno messo insieme le idee per le canzoni. Io mi sono quasi estromesso. Sono stato a guardare e mi sono lasciato veicolare dalla loro intuizione. Intanto Faber supervisionava il tutto. Quando è stato il momento di raccogliere i fondi, perché senza un soldo a volte serve un mecenate, abbiamo chiesto al nostro pubblico di essere mecenati della nostra idea. È nata quindi l’idea di fare crowdfunding con Musicraiser, che ci ha permesso, tramite ricompense, di presentare l’opportunità. Il nostro pubblico si è fidato e ha comprato a scatola chiusa permettendoci di andare in studio e stampare il CD, sia il fisico che il digitale. La fase fondamentale è stato il grande scontro finale, nel senso che tutte le energie un po’ disperse e un po’ complici, sono arrivate ad un punto in cui si sono dovute scontrare. È stato uno scontro molto civile, una sorta di terapia di gruppo. Dovevamo partire ma una serie di cose non andavano. La mia precedente assenza e poi la mia preponderante presenza hanno creato uno scompenso energetico, per cui è stato necessario mettere sul piatto le opportunità e abbiamo, come dicono gli inglesi, clear the air. Abbiamo ripulito i dubbi e adesso siamo pronti a partire e promozionare la nostra intuizione.
Il progetto Fluon mi ha ricordato molto i Tin Machine nel voler andare oltre l'idea classica di gruppo composta da un frontman conosciuto & band spalla. Ascoltando “Futura Resistenza” si avverte in modo distinto che la musicalità è un fondersi delle vostre diverse esperienze dove ogni singola parte è elemento del tutto e nessuna individualità sovrasta le altre...
Il tuo parallelo è lusinghiero. I Tin Machine sono tra i miei progetti preferiti in assoluto. Quando Bowie ha fatto comunella con altri miei preferiti, perché comunque sia i fratelli Sales, che sono coloro che hanno fatto The Idiot di Iggy Pop, che Reeves Gabrels, il chitarrista, erano enormi professionisti ed enormi protagonisti di un percorso di vita molto forte e molto rock ‘n’ roll. I Tin Machine erano esattamente un contenitore come lo sono, per generi diversi e per percorsi esistenziali, i Fluon. È vero che Fluon è un contenitore dove ognuno ci mette del proprio. Per cui si evita quel solito meccanismo noioso dei gruppi separati in casa, dove c’è un cantante che sovrasta gli altri, gli altri sono frustrati e riversano questa frustrazione sulle fidanzate che dicono “Il cantante è uno stronzo”. In questo caso invece c’è un clima di democrazia. Il contenitore Fluon è una potenziale bacinella in cui ognuno ci mette il proprio gusto nel rispetto di quello degli altri.
L'album, pur richiamando sonorità anni '80, ha un suono molto forte ed attuale unito a testi che sollecitano una presa di coscienza di quanto stiamo vivendo. Si potrebbe definire “Futura Resistenza” un album politico... ovviamente nella migliore accezione del termine ?
Se la politica è quella di adeguarsi ai tempi che corrono, allora sì. Viviamo una velocità e un disinteresse nella qualità dell’ascolto, per cui Fabio Mittino e il grande Zoran, il fonico, hanno elucubrato un progetto, proprio nella disposizione delle frequenze, capace di funzionare in ogni tipo di impianto. La prima necessità era quella di trovare un ascolto elastico e versatile. E poi c’è la mentalità politica dell’avere a che fare con la nuova discografia, che non c’entra niente con quella vecchia. Ad esempio, avere a che fare con The Orchard e Giacomo Coveri è molto interessante, è una nuova mentalità e rappresenta la possibilità di studiare il meccanismo della distribuzione digitale con intelligenza. Nello stesso tempo, la mentalità “alla vecchia”, mi ha portato, insieme a Faber, ad elucubrare un packaging che rispecchia una sorta di feticcio di culto. A mio parere “Futura Resistenza” rappresenta un’intuizione lucida verso il presente.
Ne “Il nuovo che avanza” è errato scorgere un' ambivalenza ? Da una parte qualcosa di nuovo che (si presume) stia arrivando, dall' altra la presenza di un avanzo di quel che si credeva una novità...
Una novità potrebbe essere il web e l’e-commerce come nuovo meccanismo. Per cui sembra qualcosa di nuovo, ma è stato qualcosa, invece, di completamente saturato da chi ha lavorato con disinteresse. La discografia ha riversato a badilate musica e cataloghi, senza lavorare su ciò che stavano scoprendo. Quindi ciò che sembrava la novità, il web, li ha fregati tutti. Da Napster in poi è stato un delirio. Perché comunque il web oggi è una tavolozza enorme dove ognuno ci butta dentro roba. Tutti sono musicisti, pubblicitari, discografici e grafici. In questa confusione “Il nuovo che avanza” è, a mio parere, l’unione di un’idea brillante. Credo quindi che i Fluon siano persone semplici che fanno cose speciali.
In quasi tutte le canzoni dell' album è presente il dubbio, l' incertezza e ciò nonostante non c'è mai la caduta nel qualunquismo o nel nichilismo, scorciatoia e alibi - in questi nostri tempi - fin troppo facile. Qual è a vostro parere il miglior modo per mettere in atto la “Futura resistenza” ?
La "Futura Resistenza" va messa in atto innanzitutto allontanandosi dai giudizi banali: la mancanza di argomento, fare casino tanto per fare. Per il dubbio dovresti parlare con Luca Urbani. Comunque la sua analisi è sopraffina, parole semplici che però sono diverse chiavi di lettura. A mio parere la finezza di Luca è quella di affrontare discorsi complicati senza porsi né un obiettivo preciso né una consapevolezza del raggiungimento di qualcosa. Mette sul piatto delle prerogative. E questo è un bel modo di affrontare le cose, perché ognuno si immedesima, ci trova del proprio.
Pur non essendo un concept album (o forse sì ?) un filo rosso sembra legare tutte le canzoni, quasi fosse la storia ed il percorso di un personaggio. E' un' impostazione voluta dall' inizio o si è venuta a creare via via che nascevano le canzoni...o altro ancora ?
Si è venuta a creare man mano, ma allo stesso tempo devi pensare a me come cantante che ha delegato agli altri l’aspetto musicale. Ho detto proprio “Ragazzi, fate voi, avete delle idee più fighe”. Io ho proprio lasciato fare. E mi sono ritrovato a fine disco che piuttosto che odiare l’album, come succedeva coi Bluvertigo, questa volta me lo sono scoperto, proprio quando Fabio è arrivato col master e ha detto “Ragazzi, il disco è questo”. Si è preso una bella responsabilità e lì sono impazzito. Me lo sto ascoltando in auto e stiamo facendo degli unplugged meravigliosi, dove uso, per simulare la voce distorta, una conchiglia.
Porterete in tour “Futura resistenza”? Se sì, avete già immaginato a come potrà essere strutturato il live ?
Lo stiamo progettando. Sotto il profilo scenico, ci saranno videoproiezioni. E stiamo costruendo con Faber le postazioni. Siamo tutti all’opera per mettere in pratica il proprio talento. Sarà complicato sotto l’aspetto tecnologico e molto particolare. Tradurremo il disco sul palco.
E immagino che l'album sia contemporaneamente un punto di arrivo ma anche di partenza per qualcos' altro…
È il primo step verso la scoperta delle cose. Ma è un primo passo ma molto consapevole. È il riassunto di quel che abbiamo vissuto finora e l’inizio di una proposizione un po’ più grande, di più ampio respiro.